
Della nostra miseria, ma’. Me l’avevi infettata come una filosofia di vita.
Vincenzina e Rosa, madre e figlia, un dialogo-monologo tra un addio e una condivisione di destini. In mezzo, un mare di personaggi rendono ancora più vero un mondo di anime finte: Rafele, marito e padre, Annarella, amica e tentatrice, Mariomaria, un po’ uomo e molto donna, Nunziata, maestro elementare poetico, Iolanda bella, troppo bella per essere lasciata in pace. Una scrittura corposa, tridimensionale, ci porta tra i vicoli e in mezzo alla povertà, ci fa respirare l’usura, la malattia, la morte. Senza nessuna via d’uscita, tranne che in una fotografia.